DIVENTARE AVVOCATI



L’esperienza maturata durante il duro cammino dalla condizione di praticante avvocato a quella di avvocato mi ha fatto riflettere.
La pratica, se fatta bene e con criterio, è un passaggio importante nella formazione di un futuro giurista. Tuttavia, ho potuto apprendere come la maggior parte delle volte essa si riduca a passare ore e ore in Cancelleria per l’espletamento delle commissioni dello Studio, piuttosto che stare tutto il giorno in ufficio a fare fotocopie e a rispondere al telefono, sbrigando il lavoro di una segretaria, ma ricevendo il compenso, quando capita, del praticante.
Ho riletto di recente e con molta attenzione il Regolamento per lo svolgimento della pratica forense e ho confrontato mentalmente quelle norme con quello che accade nella realtà di tutti i giorni, dove la maggioranza dei giovani laureati in legge che si approccia alla professione forense viene “sfruttata” dai domini che li “assumono” alle loro dipendenze non certo per insegnare loro un mestiere ma solo per avere un segretario o una segretaria a costo zero.
Per fortuna non per tutti è così. Ci sono casi fortunati dove il titolare dello Studio legale si dedica con passione e dedizione alla formazione del giovane collaboratore, insegnandogli un metodo di lavoro, dandogli atti da scrivere e pareri da elaborare e correggendo e commentando con il praticante quanto da quest’ultimo svolto, facendolo partecipare alle udienze in via attiva, magari scrivendo il verbale d’udienza e poi, con il tempo, una volta che il collaboratore abbia acquisito maggior dimestichezza con Giudici, controparti e procedure, permettendo allo stesso di scendere da solo nell’”arena” delle udienze.
Questo sarebbe il corretto approccio, questo sarebbe quello che ogni dominus o domina (a seconda del sesso di appartenenza) dovrebbe fare: il praticante non è un potenziale rivale, un futuro avvocato che è solo per carpire i segreti del mestiere per poi volarsene via e così “rubare” preziosi Clienti.
Al contrario, un collaboratore ben formato, seguito, apprezzato e, dettaglio da non trascurare, correttamente remunerato, è motivato a restare nello Studio professionale che l’ha visto “nascere” e, una volta superata l’ordalia dell’esame di Stato e guadagnato il sospirato titolo, resterà in quello stesso Studio contribuendo alla sua crescita e apportando nuova clientela che verrà messa, per così dire, in condivisione, con lo Studio e i suoi componenti.
Ma tutto questo non viene quasi preso in considerazione.
"La pratica forense deve essere svolta con assiduità, diligenza, dignità, lealtà e riservatezza secondo le modalità disciplinate dal presente regolamento. Lavvocato presso il quale il praticante svolge la pratica deve sentire come obbligo deontologico, nell'interesse dell’Ordine forense, il ruolo di precettore nella formazione del giovane avvocato che la legge gli ha riservato".
Questa è la premessa del Regolamento per lo svolgimento della pratica forense, che di norma deve essere assunta come principio-cardine per la formazione di un collaboratore adeguatamente preparato per la futura professione.
Soprattutto le parole deve sentire come obbligo deontologico (…) il ruolo di precettore nella formazione del giovane avvocato che la legge gli ha riservato dovrebbero responsabilizzare moltissimo il dominus che si appresta ad accogliere nel proprio Studio il Collaboratore.
Mi duole constatare come la realtà dei fatti disattenda la teoria.
Troppe volte ci si dimentica di queste parole, troppe volte si vede il praticante come una persona che è solo per eseguire dei compiti che a noi non piacciono, perché ormai noiosi, perché non abbiamo tempo di farli o perché, semplicemente, ci dobbiamo dedicare allo “sviluppo dello Studio”, a ricevere i Clienti importanti, o sedicenti talidimenticando che se è vero che andare in Cancelleria, depositare atti e rispondere al telefono sono attività che formano, è altresì vero che, alla lunga, non portano certo a diventare dei buoni avvocati con un metodo di lavoro, la capacità di scrivere per i civilisti e quella di argomentare per i penalisti. 
Il praticante è tenuto ad unassidua, preferibilmente quotidiana frequentazione dello Studio, oltre alla partecipazione alle udienze, in ogni caso la frequenza dello Studio, oltre il tempo dedicato alle udienze, non potrà essere inferiore alle 15 ore settimanali”: art. 2 comma II del Regolamento.
In questo caso la riflessione deve essere condotta nei confronti di quei praticanti che ritengono che la pratica forense sia superflua, noiosa e non valga la pena di essere svolta con la dovuta serietà.
Diventare avvocati non significa solo studiare i codici e le leggi, anche perché, esperienza insegna, non si sarà mai in grado di mandare a memoria tutto lo scibile del diritto, tenendo anche presente che ormai le modifiche, le abrogazioni e la promulgazione di nuove leggi è praticamente all'ordine del giorno. Diventare avvocati significa, anche e soprattutto, conoscere come si gestisce uno Studio legale, gli aspetti di contabilità (redazione di note pro-forma, fatture, le anticipazioni etc.) e la redazione degli atti che, per chi è alle prime armi, richiede un lasso di tempo certamente superiore rispetto alla norma.
Non solo, ma aspetto importantissimo è la gestione del Cliente. Partecipare alle riunioni con i Clienti è fondamentale, non solo perché si apprendono quei piccoli “trucchi” psicologici che regolano il rapporto Professionista/Cliente, ma anche perché permette di conoscere la storia che viene portata alla nostra attenzione come legali e il tipo di aiuto che ci viene richiesto.
Il giovane laureato uscito da poco dalla facoltà di Legge può conoscere a memoria ogni singolo articolo dei quattro codici e dei due delle leggi collegate, ma, ahimè, non sa assolutamente nulla di come ci si deve comportare quando una persona con  un  problema  si  siede  al  di della nostra scrivania e  ci rovescia addosso tutte le sue ansie, le sue paure, le sue aspettative. Questo all’Università non viene insegnato e lo si apprende solo ed esclusivamente “sul campo”.
Solo la frequentazione può fare comprendere tutti gli aspetti che un domani il giovane avvocato dovrà affrontare da sé.
Ho avuto la fortuna di poter svolgere la pratica forense in uno Studio dove oltre, al titolare, non c’era alcun altro membro: si era in due e il carico di lavoro era diviso al 50%. Una fortuna perché in questo modo ora che la responsabilità di uno Studio è sulle mie spalle posso muovermi in autonomia e gestire l’intero carico di lavoro, aspetti burocratici e contabili compresi.
Partecipare alle udienze, anche se all’inizio può sembrare poco interessante perché si è semplici spettatori di una commedia recitata da altri, è invece molto produttivo. Occorre prestare orecchio a quanto viene detto davanti al Giudice, sia esso civile o penale, prendere nota di come si redige un verbale di udienza, osservare gli scambi con le controparti e i clienti presenti, perché, prima o poi, il dominus riterrà il Collaboratore, dopo che questi abbia conseguito il patrocinio, abbastanza “grande” da affidargli l’incarico di presenziare in udienza per proprio conto rappresentando lo Studio.
Il praticante ha diritto ad avere momenti liberi per lo studio e lapprofondimento personale di problematiche giuridiche e ad assentarsi dallo studio per partecipare a convegni, seminari ed incontri su questioni giuridiche, purché ciò non interferisca con lattività dello studio. Al contempo è dovere dello studio assicurare al praticante il tempo necessario per lapprofondimento e lo studio personale: art. 4, comma I, Regolamento.
Anche questo, purtroppo, è un aspetto che viene spesso disatteso ritenendo che la formazione del futuro avvocato inizi e finisca con la frequentazione dello Studio e delle aule di Tribunale.
Nulla di più lontano dalla verità.
Come noi avvocati abbiamo l’obbligo di mantenerci aggiornati sulle ultime novità legislative, sulla deontologia, sulla previdenza e sull’ordinamento forense, e in virtù di questo obbligo partecipiamo ad eventi, seminari, corsi e convegni anche online, anche il praticante ha il diritto-dovere di proseguire il cammino di apprendimento iniziato all’università.
Personalmente trovo molto stimolante partecipare a degli eventi formativi in compagnia del Collaboratore di Studio perché consente di avere uno scambio sulla materia oggetto dell’incontro, consente di conoscere un punto di vista diverso dal mio, magari più fresco e meno disincantato.
Perciò diamo spazio ai giovani, sono una preziosa risorsa che va valutata e messa in rilievo.
Mi piace pensare che la professione del futuro sarà sempre più diversificata dove la primaria preoccupazione di chi la esercita non sarà più quella di coltivare il proprio personale “orticello” di clientela e di difenderlo con le unghie e con i denti dall’”aggressione” portata avanti dalle nuove leve dellavvocatura, ma piuttosto quello della condivisione, della multidisciplinarietà per fornire davvero al Cliente un servizio soddisfacente.

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